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Alfonso IndelicatoPosted: 20/2/2012, 21:26
Dal Presidente dell'AESPI Angelo Ruggiero riceviamo un articolo da lui scritto nel 1963. In attesa di riprendere il filo del nostro discorso storiografico lo pubblichiamo invitando l'amico lettore ad apprezzarne gli aspetti quasi profetici.

TRADIZIONE
Periodico di studi ed azione politica

Anno XLVIII – nuova serie – n. 42 – febbraio 2012 –
Autorizzazione Trib. Napoli n. 1638 del 21-5- 1963

ripreso da

“GIOVINEZZA D’ITALIA” (secondo numero unico in attesa di autorizzazione, Napoli 16 marzo 1958)

LA “SVOLTA” E I SUOI PROFETI

di Angelo Ruggiero


Molti sono coloro che mostrano di essere profondamente sbalorditi per gli “amorosi sensi a sinistra” della Democrazia Cristiana. Meraviglia non condivisa certamente da noi e da quanti sono a conoscenza delle origini, dell’evolversi e dei principi dominanti nel “movimento politico cattolico” dal suo sorgere ad oggi.
Infatti per renderci perfettamente conto di come stanno le cose e del perché di quell’eterno e sofferente complesso di inferiorità che i “cattolici” hanno nei confronti dei socialisti e dei gruppi di sinistra in genere, dobbiamo fare un lungo passo indietro e iniziare il nostro esame fin dagli albori del nuovo Stato unitario nato dal Risorgimento.
Raggiunta l’unità politica della penisola, non pochi furono coloro che si trovarono a dover risolvere nel loro animo un profondo contrasto: accettare il nuovo stato di cose e collaborare allo sviluppo del nuovo regime, o restare fedeli ad un mondo ormai scomparso ed estraniarsi da qualsiasi attività, in omaggio ai vecchi principi, ma specialmente per essere coerenti e rispettosi verso il Papa che “era stato offeso” e preso a cannonate dai piemontesi?
Il tentativo fatto fin dal ’48 dai D’Azeglio, dai Rosmini, Gioberti, Balbo e dai Manzoni, di conciliare il cattolicesimo con il liberalismo, oltre a dimostrarsi assurdo da un punto di vista teorico ed ideologico, si dimostrava anche completamente inutile per l’incalzare degli avvenimenti e per le passioni e i risentimenti che questi suscitavano.
Già dal 1861, nove anni prima cioè della famosa “breccia di Porta Pia”, il notissimo pubblicista cattolico Don Margotti, direttore della “Armonia”, in un suo articolo aveva chiaramente e decisamente impostato il problema per tutti quelli che non se la sentivano di girare le spalle al Vaticano, inventando la formula “né eletti, né elettori”. E questo per molto tempo doveva restare il programma di quei cattolici che non volevano accettare i principi “giacobini e settari” che col Risorgimento avevano distrutto l’ordine tradizionale che era riuscito a sopravvivere perfino alla Rivoluzione francese e all’avvento del “terzo stato”.
Ma la ventata rivoluzionaria che dal 1789 in poi aveva così terribilmente sconvolta l’Europa, e non era passata invano e anche in campo cattolico e nella stessa gerarchia ecclesiastica, doveva lasciare profonde tracce di confusione e di incertezze.
Scomparsi quasi del tutto i tradizionalisti e i reazionari man mano che passava il tempo, quei cattolici che ancora potevano definirsi “intransigenti” si divisero ben presto in due correnti: una “conservatrice”, che però aveva già abbandonato ogni rivendicazione legittimista e che rimaneva staccata dal liberalesimo solo per la questione romana, e l’altra “democratica” capeggiata da Toniolo e da Romolo Murri con un programma evangelico-protestatario già tutto pieno di preoccupazioni “sociali”.
I “democratici-cristiani”, così si chiamavano i seguaci del Toniolo e del Murri, malgrado la condanna espressa nel “Sillabo” e la proibizione espressa nel 1886 dall’enciclica leonina di partecipare alla vita politica del paese, dimentichi perfino della questione romana e dei problemi religiosi e spirituali, sin da allora parlavano solo di “diritti delle masse lavoratrici” e di altre cose del genere. Del resto era un po’ tutto il clima dell’ultimo ventennio del secolo scorso che era caratterizzato da una specie di “ossessione” a sfondo populistico e socialistoide. I principi marxisti seguivano e avevano il sopravvento su quelli liberali, mentre la “rivoluzione industriale” portava a un vero e proprio caotico squilibrio nella cristallizzata società europea. Sono questi i tempi dei messaggi “messianici” e “umanitaristi” di marca utopistica e romantica, con le prime “nobili conquiste” del “popolo lavoratore”.
Nel 1890 all’Università di Roma Labriola divulgava il “socialismo scientifico”, a Milano Turati fondava insieme alla Kuliscioff una rivista che da prima si chiamò deamicisianamente “Cuore e critica” e poi “Critica sociale”. Mentre gli elementi cattolici progressisti si videro quasi confortati dallo stesso Pontefice Leone XIII che con la enciclica del 1891, la “Rerum Novarum” tutta tesa a dare una interpretazione “sociale” dei principi eterni della Chiesa, gettava i cattolici in concorrenza con il marxismo sul suo stesso terreno. Purtroppo, però, ve li lasciava impreparati, “confusi nei propositi e nei mezzi, incerti e ondeggianti nelle idee che vagavano da un impreciso solidarismo fino a giungere a velleità riformistiche, sempre però soggiogati dalla virulenza e dalla decisione dei più preparati “concorrenti-avversari”.
Ed è allora che inizia l’attrattiva degli “amorosi sensi” e il complesso di inferiorità dei “cattolici” verso i socialisti.
A nulla valse che lo stesso Leone XIII resosi conto in seguito della pericolosità di certe tesi cristiano-progressiste per la dottrina della Chiesa, sciogliesse l’Opera dei Congressi (l’attuale Azione Cattolica) che dopo le dimissioni del Paganuzzi dalla presidenza, era ormai dominata dai seguaci del Murri in senso assoluto.
La tensione fra Vaticano e “democristiani” aumentò da allora sempre di più sino a giungere, dopo i tumulti del ’98, ad una vera e propria rottura per le tesi estremiste e l’assurda posizione presa i quella occasione dai “padri spirituali” dei “comunistelli da sacrestia” di oggi.
“Questa nuova democrazia – scrive il Salvemini parlando dei “democratici-cristiani” – sorta per disputare le moltitudini al socialismo rivoluzionario, assumeva spesso atteggiamenti socialistoidi e faceva uso volentieri di un frasario stranamente rivoluzionario… Delle tendenze democratiche e socialistoidi, i conservatori, tanto liberali che cattolici, cominciavano ben presto ad essere scandalizzati… Il governo credé ad un’alleanza tra socialisti e clericali. E in occasione dei tumulti annonari del 1898, sciolse insieme circoli socialisti e circoli cattolici; arrestò, processò e condannò tutti insieme radicali, repubblicani, socialisti e clericali: Filippo Turati e don Davide Albertario furono condotti nello stesso corteo di prigionieri per le vie di Milano”.
Così, mentre il Vaticano praticamente recedeva dal “Non expedit” appoggiando nelle elezioni del 1903 i partiti d’ordine che si battevano contro il socialismo sempre più pericoloso ed aggressivo, i “democratici-cristiani” offrivano la loro collaborazione a Turati, il quale però la rigettava sdegnosamente.
Ma i “democratici-cristiani” non desistettero dai loro propositi e mentre la loro ribellione politica veniva a coincidere con le eresie dei Loij e del Tirrel, la loro pubblicistica, stranamente ricca e copiosa, assumeva atteggiamenti minacciosi e vagamente profetici, razionalisti, riformisti e confusamente evangelici e socialistoidi, rivolgendo accuse roventi e piene di insulti contro la Corte Romana.
Già il Toniolo aveva messo in discussione il concetto di “carità” cristianamente inteso, affermando che bisognava sostituirlo con qualcosa di più “completo ed efficiente” che assumesse addirittura il “valore di una categoria scientifica”. Ora lo stesso Murri, in un libro che fu allora famoso e che gli valse la scomunica, le “Lettere a un prete modernista”, dando un eloquente saggio delle sue espressioni e delle sue idee, e di quelle dei suoi seguaci, arriva fino al punto di definire “gregge di eunuchi” la massa dei fedeli e di dipingere gli alti prelati come zelatori di equivoci interessi. Inoltre affermava che la religione, così come era intesa dalla Chiesa di Roma, non era altro che “uno strumento di sopraffazione e di e di repressione delle libere energie, giacché, in nome della fede, predica la rassegnazione alla miseria della vita in vista di un compenso ultramondano”. “Col che – dice giustamente Pero Buscaroli – ironizzando su quel compenso ultramondano, si mandano tranquillamente a mare venti secoli di cristianesimo che, come ognuno sa, si fondano proprio sul senso e sull’aspettazione della vita eterna”.
Purtroppo il processo di chiarificazione iniziato in campo cattolico con la ribellione dei “democratici cristiani” doveva subire una battuta di arresto ed annullarsi con la fondazione del Partito Popolare Italiano.
In questo partito, che sorse agli inizi del 1919, dovevano confluire tutte le più diverse forze cattoliche non ancora del tutto differenziate fra loro. Abbiamo così la tendenza cattolica nazionale e conservatrice del Martire che attraversano le posizioni moderate di un Meda o di un Cavazzioni, andava a sfociare in un “cattolicesimo rosso” del Miglioli.
Ed anche il Partito Popolare Italiano, nell’inutile tentativo di trovare una funzione nuova ed originale nello schieramento politico nazionale, assumeva sempre di più atteggiamenti tendenti verso sinistra, sino al punto che il De Rossi, nel 1920, proponeva come soluzione alla crisi ministeriale un blocco delle sinistre che comprendesse anche i socialisti e facesse perno intorno al “popolo”.
La vocazione populistica e sinistrorsa dei “popolari” non era però sfuggita a Gramsci, che in un articolo comparso sull’Ordine Nuovo, e ripreso più tardi dal Gobetti in “Rivoluzione Liberale” scriveva: “I popolari rappresentano una fase necessaria del processo di sviluppo del proletariato italiano verso il Comunismo. Essi creano l’associazionismo, creano la solidarietà dove il Socialismo non potrebbe farlo, perché mancano le condizioni obbiettive della economia capitalistica … Il cattolicesimo democratico fa ciò che il Socialismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida. Assunta una forma, queste follie (cattoliche) si saldano con le masse socialiste consapevoli, ne diventano la continuazione normale … Perciò non fa paura ai Socialisti l’avanzata dei Popolari … I Popolari stanno ai Socialisti come Kerenski a Lenin …”
Dopo l’8 settembre 1943, quegli stessi uomini che avevano militato nel Partito Popolare fondano la Democrazia cristiana, volendo con questa denominazione rifarsi direttamente agli insegnamenti di Toniolo e di Romolo Murri. Lo stesso De Gasperi ebbe a definire più tardi la D.C. “un centro che marcia verso sinistra”.
Tutto ciò avrebbe dovuto bastare a certi uomini e gruppi politici di destra che in questi lunghi sedici anni hanno affannosamente cercato di collaborare con la D.C., magari in posizione di sudditanza politica, mentre il loro compito era quello di smascherare questi falsi cattolici e di combatterli strenuamente senza concedere loro alcuna tregua.
Perché tra l’altro bisognerebbe ricordare che la D.C. fu uno tra i primi tra i ricostruiti partiti politici italiani, che dopo l’infame “armistizio badogliano” aderì ai C.L.N. sorti per iniziativa comunista. E attivissimo fu anche il contributo che la D.C. dette ai C.V.L. nominalmente posti al comando di Cadorna, ma in effetti dominati dai Longo e dai burocrati sovietici nostrani. Le bande partigiane “bianche” infatti non furono seconde a nessuno nei massacri indiscriminati operati al Nord, con gli “alleati” alle porte, in quelle famose “radiose giornate” che videro lo scempio barbaro e scellerato di Piazzale Loreto e il martirio di uomini come Giovanni Gentile, Carlo Borsani e tanti altri.
Era logico però che prima o poi i “cattolici” o gli pseudo-tali della D.C. dovessero rincontrarsi con i marxisti con i quali già avevano collaborato durante la guerra civile e nell’immediato dopoguerra.
Né siamo convinti che, per combattere la “svolta a sinistra” basti gridare allo scandalo e profetizzare con discutibile gusto catastrofi e rovine che molto probabilmente non ci saranno. Indubbiamente la demagogia politica inaugurata dall’attuale governo di aumentare pensioni e stipendi da una parte e tasse dall’altra porterà senz’altro a uno squilibrio della bilancia economica della nazione. Ma questo avverrà a lunga scadenza e quando avverrà molti saranno i consensi che la politica di centrosinistra si sarà conquistati con lusinghe promesse e fallaci miglioramenti economici. Ma tali consensi raggiunti subdolamente e demagogicamente non dureranno molto. Dio non voglia, per i sinistri socialisti e comunisti, che l’Unione Sovietica non imploda dal suo interno, visto che l’Occidente non è capace di fermarla e condizionarla. In questo quadro, tutti coloro che sono stati acquiescenti al “Sol dell’Avvenire” credendo, in buona o cattiva fede, che tale “sole” non sarebbe tramontato mai, ne vedranno di tutti i colori. E che il “Paradiso” del proletariato non sia eterno sfugge a tutti coloro non hanno lo sguardo lungo per intravederlo, politici italiani e occidentali, compresi alcuni Principi della Chiesa. Quando questo avverrà, non sapranno più come orientarsi e quali nuove teorie demagogiche dovranno elaborare per giustificare la loro demenza.
Del resto, anche nel suo abituale conformismo, il popolo italiano vuole qualcosa di nuovo e di diverso dalla solita grigia politica seguita fino ad oggi da quasi tutti i partiti. E visto che la destra non è capace di proporre e di prospettare le sue soluzioni ai problemi dell’attuale congiuntura politica, la sinistra ne approfitta e piano piano, senza scosse e senza rumori, sta trasformando l’Italia in una “Repubblica Popolare” a carattere socialista.
Ma se anche, almeno nominalmente, non diventeremo completamente una “Repubblica Popolare”, la Democrazia Cristiana pagherà pesantemente le sue colpe e se non sparirà del tutto (ipotesi che oggi sembra impossibile) sopravviverà a stento e non sarà più il “Deus ex machina” della politica italiana. Ci vorranno ancora decenni forse, ma tutto ciò accadrà. Allora, la Costituzione Italiana, nata quale compromesso fra le forze cattoliche (si fa per dire) comuniste e liberal-finanziarie e massoniche, benché rigida nella sua formulazione (anzi proprio per questo) e per aver dato vita ad una democrazia elettiva e assembleare dominata dalle solite élite, dove la “sovranità popolare” viene annullata dalle trame oscure della politica, non offrirà alcun aiuto e ispirazione per nuove soluzioni. Tutto ciò, aggravato dal fatto che favorisce partititi che con la loro politica demagogica e clientelare porterà le casse dello stato alla completa bancarotta. Anche quest’ultimo aspetto, secondo noi, si realizzerà, e in tal caso non ci sarà governo, di qualsiasi colore, che potrà porre riparo. Ci sarà una crisi peggiore di quella del 1929, non soltanto in Italia, a causa dell’alleanza tra demagogia populista e speculazione finanziaria e faremo la fine della Repubblica di Weimar. La nostra, quella italiana e quella di altri paesi europei, è solo una democrazia elettorale, ove dietro a un rito celebrativo manca la possibilità che la tanto celebrata “volontà popolare” possa fare le sue scelte. In realtà sono i partiti politici, attraverso il “verbo” dei loro capi e la loro burocrazia militarizzata, che determinano tutto.
Stando così le cose non resta altro da fare che porci decisamente come alternativa a tutto questo corrotto sistema democratico, denunziando abusi e bugie e prospettando con chiarezza, senza timori di sorta, le nostre concezioni economiche, le nostre soluzioni politiche e sociali, i nostri programmi. Forse, così facendo, siamo ancora in tempo a salvare i valori della nostra civiltà romana e cattolica.
Il nostro mondo politico ha accettato, giustamente, il pluralismo e con esso la difesa intransigente della libertà, adottando il “metodo” democratico, senza riserve, vigente in tutto il mondo occidentale. E non verremo meno a questo impegno. Quindi quando parliamo di alternativa intendiamo che essa deve aver luogo all’interno del sistema che abbiamo fatto nostro, ma senza rinunciare a riformarlo dall’interno come giustamente predicava Toqueville. Se il MSI non ci seguirà su questa strada, appiattendosi sempre di più su posizioni correntizie ed elettoralistiche, anche se saremo ridotti ad una esigua pattuglia non desisteremo dal nostro intento di continuare una battaglia, ideale, civile, culturale di alto profilo, così come ci hanno indicato e insegnato i giovani coraggiosi e prestigiosi che ci hanno preceduto dal 1946 ad oggi.

Angelo Ruggiero